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Rogo di Fra' Romualdo e Suor Gertrude

Esecuzione dei lavori Antonino Aurelio Piazza

Provenienza Palermo, collezione Renda Pitti

Collocazione Museo Diocesano di Monreale

Oggetto Rogo di Fra’ Romualdo e Suor Gertrude acceso nel Piano di S. Erasmo la sera del 6 aprile 1724

Materiale acquaforte

Misure Cm  37 x 46

Datazione 1724

Attribuzione Francesco Cichè

Inizio Lavori 9/12/2009

Fine Lavori 11/01/2010

 

L’incisione raffigurante il Rogo di Fra’ Romualdo e Suor Gertrude acceso nel Piano di S. Erasmo la sera del 6 aprile 1724, realizzata con la tecnica dell’acquaforte, è firmata da Francesco Cichè (Palermo, ca. 1680-1742) [Francesco Cichè delineavit et sculp.] e proviene dalla collezione Renda Pitti di Palermo. Fa parte di una serie di incisioni, esposte al Museo Diocesano di Monreale, raccolte dal collezionista e verosimilmente provenienti dal mercato antiquario.

L’opera documenta il trionfo dell’Atto di Fede. Trasferisce al fruitore il clima di atroce esecuzione e fa rivivere il fotogramma del trattamento riservato dall’Inquisizione ai due principali protagonisti, Suor Gertrude e Fra’ Romualdo, nonostante la loro convinta testimonianza, sino al supplizio, di essere veri cristiani in piena comunione con Dio. L’incisione mostra nel dettaglio quello che dovette essere il gran concorso di popolo intervenuto per assistere all’evento, per cui erano stati allestiti palchi attorno al recinto chiuso presso il quale stava per consumarsi la tragedia. Le bancarelle degli ambulanti raffigurati in primo piano indicano la spettacolarizzazione della morte. L’incisione, insieme ad altre tre, è tratta da Antonino Mongitore, L’atto pubblico di fede solennemente celebrato nella città di Palermo à 6 aprile 1724 dal Tribunale del S. Uffizio di Sicilia (Palermo 1724).

L’opera si presentava sporca, raggrinzita, lacera, con estese tracce di camminamenti di anobidi e numerose lacune. L’acido supporto cartaceo mostrava un accentuato imbrunimento. A causa dell’estensione delle lacune presenti, il manufatto era stato applicato su un foglio di cartoncino adoperando come collante un adesivo sintetico, spalmato a campiture.

Preliminarmente agli interventi per via umida, è stata rimossa a strappo la foderatura in cartoncino; laddove l’operazione si presentava impossibile da realizzare a causa dell’irreversibilità dell’adesivo presente, si è proceduto raschiando a bisturi. In seguito alla rimozione della foderatura, sono emerse tracce di ulteriori impropri interventi di restauro, realizzati con la giustapposizione di toppe in carta, senza che fossero preventivamente spianati i raggrinzimenti presenti sul foglio.

L’incisione è stata poi sottoposta al lavaggio in acqua demineralizzata, durante il quale sono state rimosse le toppe il cui adesivo risultava solubile in acqua. Si è proceduto, quindi, alla deacidificazione in soluzione semisatura di idrossido di calcio. Tali interventi sono stati realizzati supportando il foglio su un apposito sostegno in tessuto-non tessuto, allo scopo di consentirne la manipolazione. In seguito all’asciugatura, sono stati rimossi a bisturi gli ulteriori residui di adesivo sintetico.

Si è preferito foderare l’intera incisione con un foglio di carta giapponese, piuttosto che intervenire sulle singole lacune, a causa dell’elevato numero delle stesse, i cui contorni sfrangiati e frastagliati peraltro mal avrebbero supportato l’applicazione (e conseguente scarnitura) di due strati di carta giapponese. In tal modo si è fornito un supporto sufficientemente robusto, idoneo per una ottimale conservazione. Si è adoperato, come adesivo, metilcellulosa (Tylose MH300P) in soluzione acquosa alla concentrazione del 4%.

Infine l’incisione è stata montata all’interno di un passepartout doppio in cartoncino non acido, durevole per la conservazione, inserita all’interno di tasche in carta Ingres che la sostengono senza utilizzo di strisce adesive.

Dott. Lisa Sciortino     Dott. Maria Reginella

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