I tre Torres
Ludovico I Torres, Arcivescovo di Monreale dal 1573 al 1584, fu grande pastore di anime ma anche esperto uomo politico. Più volte presente in Diocesi, la visitò nei vari centri. Fondò la Congregazione della Carità per assistere i bisognosi, chiamò i Cappuccini a Monreale e sostenne la popolazione durante la peste del 1575. Commissionò il monumento sepolcrale di marmo bianco per re Guglielmo II, ma anche suppellettili sacre e paramenti in parte esposti al Museo. Si occupò della sistemazione del Palazzo Arcivescovile con l’ampliamento degli ambienti e il loro abbellimento con elementi decorativi ed epigrafi.
Dopo quattro anni di sede vacante, gli succedette il nipote, Ludovico II Torres, a Monreale dal 1588 al 1609. Colto mecenate, amico di molti letterati del tempo e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, lasciò a Monreale un’impronta profonda di sé, non solo per le numerose opere sulle quali impresse sempre il suo stemma (cinque torri disposte a scacchiera) ma anche e soprattutto per la sua attività e per le sue istituzioni. Egli è certamente uno degli Arcivescovi più insigni che Monreale abbia avuto, il personaggio che più d’ogni altro seppe incarnare l’ideale della Riforma, riordinando la vita religiosa, civile e amministrativa. Lo strumento principale che adoperò fu il sinodo, con il quale polarizzò attorno a sé clero, autorità civili e popolo. Tra le sue numerose committenze si ricorda l’edificazione del Seminario Arcivescovile; la costruzione, all’interno della Cattedrale, della cappella di San Castrense, a partire da 1590, nella quale fece realizzare il proprio monumento sepolcrale; la sistemazione, tra il 1592 e il 1595, dell’antisacrestia del Duomo e l’assetto del pavimento delle navate laterali; il riordino della zona presbiteriale della chiesa e le numerosissime opere d’arte tra cui dipinti, sculture marmoree, bronzee e lignee, suppellettili liturgiche in argento e bronzo, paramenti sacri, volumi miniati, in parte esposti al Museo.
Dal 1634 al 1642 è a Monreale Cosimo Torres, nipote di Ludovico II, il quale, sulle orme dell’illustre zio, commissiona l’urna d’argento per le reliquie del Patrono della città, incastonata nell’altare della cappella di San Castrense al Duomo.