Un motivo in più per visitare il Museo Diocesano ad ottobre: i due sarcofagi con i leoni di Monreale e della Collezione Torlonia di Roma

L’ingresso del Museo Diocesano di Monreale ospita un lapidarium che culmina, di fronte all’entrata della Sala San Placido, prima tappa del percorso museale, con il sarcofago romano datato al III secolo d.C. caratterizzato dalle figure agli angoli di due leoni che azzannano un onagro, incalzati da due venatores (Fig. 1).

Fig. 1 - Foto Domenico Di Vincenzo

L’opera, come è stato ipotizzato a partire da Michele Del Giudice, potrebbe essere stata la prima sepoltura di Guglielmo II. Non è casuale l’invito a visitare il Museo, e quest’opera in particolare, in questo specifico momento. Il 14 ottobre scorso è stata infatti aperta al pubblico a Roma, presso i Musei Capitolini, la mostra I marmi Torlonia. Collezionare capolavori, curata da Salvatore Settis e Carlo Gasparri, che espone oltre 90 opere selezionate tra i 620 marmi catalogati e appartenenti alla collezione Torlonia, la più prestigiosa raccolta privata di sculture antiche. Tra le opere in mostra nella Sala 10 di Villa Caffarelli figura un sarcofago particolarmente affine a quello esposto a Monreale, anch’esso datato al III sec. d.C. (Fig. 2).

Fig. 2

Nell’esemplare Torlonia, come si vede, i leoni non azzannano un onagro, ma un ariete, ma è comunque evidente la relazione tra le due opere. Una visita al Museo Diocesano di Monreale in questo periodo, quindi, in aggiunta all’interesse del percorso museale e al fascino del luogo, può costituire una tappa intermedia prima della visione dei capolavori in mostra ai Musei Capitolini fino a giugno 2021. Il sarcofago Torlonia, datato tra il 260 e il 270 d.C., è documentato fin dal XVI secolo all’interno di Palazzo Savelli, poi Orsini, residenza nobiliare realizzata nelle rovine del Teatro di Marcello. L’esemplare monrealese è registrato da Michele Del Giudice nella sua Descrizione del Real Tempio, е Monasterio dl Santa Maria Nuova, di Morreale, pubblicata nel 1702 e dedicata all’Arcivescovo del tempo, Giovanni Roano, insieme agli altri sarcofagi antichi allora distribuiti tra gli spazi esterni ed interni del Palazzo Arcivescovile (Fig. 3).

Fig. 3

Oltre a quello in questione, alcuni degli esemplari raffigurati possono essere ricondotti al contesto di ulteriori opere anch’esse presenti nella collezione romana, così come documentate nel catalogo del 1884 I monumenti del Museo Torlonia di sculture antiche riprodotti con la fototipia. In particolare, del sarcofago con i leoni che azzannano l’onagro Del Giudice scrive:

“Num. 6. Cassa Sepolcrale di marmo bianco, collocata nell’Atrio scoverto del Palazzo Arcivescovale larga p.8. alta p. 4. I Leoni, che sono da i due lati, che devorano due Cervi, versano ora due abbondantissime scaturigini di acqua; dietro i Leoni sono due Genj, come stassего per impedire la lor crudeltà; nel mezzo è scolpita una lancia. Non si sà per cui fosse stata posta in uso, o almeno apparecchiata; ben potrebbe giudicarsi da’ Cervi, essere stata disegnata a Persona di perspicacia, e velocità d'ingegno notabile, e che assai presto havesse passato il corso di sua vita; e per la Lancia, che fosse stato insieme guerriera. Nè per tali circostanze, verifícate tutte nella vita del buon Re Guglielmo II sarebbe inverisimile, che in que' primi tempi dopo la sua morte fosse stata scolpita per riporvi le sue gloriose spoglie, e che per li torbidi subito insorti nel Regno nelle contese di Tancredi, e di Enrico VI Imperatore non vi fosse stato chi più havesse pensato ad eseguirne il disegno”.

Del Giudice, quindi, come anticipato, riprendendo plausibilmente una tradizione orale arrivata fino a lui, identifica nel sarcofago la prima sepoltura di Guglielmo II e data l’opera al periodo immediatamente successivo alla sua morte. Studi più recenti l’hanno ricondotta al suo contesto originario (Vincenzo Tusa la data alla metà del III sec. d.C., anche sulla scorta di un raffronto con un esemplare analogo custodito in Vaticano). Grazie a Del Giudice, inoltre, veniamo a conoscenza del suo uso come fontana nel giardino del Palazzo Arcivescovile già alla fine del XVII secolo, così come raffigurato in un’altra delle incisioni a corredo della sua opera (Fig. 4).

Fig. 4

Rinnoviamo quindi l’invito a visitare il Museo Diocesano di Monreale e i suoi tesori, che spesso, come in questo caso, possono costituire l’anticipazione di eventi espositivi che restituiscono al pubblico opere geograficamente lontane, ma vicine per storia, cultura e contesto di riferimento.

Sergio Intorre

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